Il non-finito: architettura dei resti urbani

La seguente dissertazione è il risultato di una riflessione per-sonale sulla riqualificazione di luoghi critici e abbandonati, di scenari degradati e indefiniti attuabile nel contesto urbano. Le città in cui viviamo sono composte da parti differenti, fatti contemporanei e atavici che creano un gioco...

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Detalhes bibliográficos
Autor principal: Causin, Eleonora (author)
Formato: masterThesis
Idioma:ita
Publicado em: 2018
Assuntos:
Texto completo:http://hdl.handle.net/11144/3861
País:Portugal
Oai:oai:repositorio.ual.pt:11144/3861
Descrição
Resumo:La seguente dissertazione è il risultato di una riflessione per-sonale sulla riqualificazione di luoghi critici e abbandonati, di scenari degradati e indefiniti attuabile nel contesto urbano. Le città in cui viviamo sono composte da parti differenti, fatti contemporanei e atavici che creano un gioco di compresenze difficile e allo stesso modo affasciante, capace di offrirsi a noi come potenzialità in continuo divenire. La prima parte della tesi cerca di seguire un percorso che a differenza della cancellazione riallacci un rapporto con il contesto e i suoi elementi attraverso la loro reinterpretazione. Se nel Palinsesto di André Corboz il territorio è una superficie cancellabile e riscrivibile secondo le necessità del presente, che lascia tracce non riconoscibili, nella città analoga di Aldo Rossi la composizione non lascia tracce ma è visibile. La permanenza di un manufatto all’interno della città può essere quell’elemento di continuità attraverso la sua reinterpretazione analogica capace di gettare le basi per nuovi innesti nella creazione di uno spazio urbano in cui identificarsi. L’osservazione attenta del sito e la scelta di quegli elementi preesistenti, che possano funzionare assieme a un progetto adatto alla contemporaneità, è una maniera di approcciarsi ai resti urbani, reintegrandoli attraverso la combinazione di passato e presente, di nuovo e as found. In opposizione alla crescita per accumulazione, si ipotizza un progetto che rivaluti e recuperi uno di questi frammenti residuali di città. La realizzazione di uno spazio per la danza concretizza il tentativo di dare una nuova possibilità agli anfratti di paesaggio urbano che per differenti motivi sono stati deturpati dall’uomo con architetture incompiute. Il non-finito, sineddoche di un insieme invisibile, è aperto a diverse interpretazioni non solo concettuali, ma anche a quel cominciamento tramite il quale: “le cose possono cominciare ad essere” 1 . Riflettendo sulla temporalità, la sovrapposizione, e l’indeterminata vita dell’edificio, l’intento del lavoro è quello, infine, di ripensare l’incompiuto e le rovine contemporanee come luoghi da rigenerare e non da cancellare, occasioni di nuove relazioni, e in attesa di divenire qualità per la città e non più ferite visibili. Rileggere il paesaggio del degrado sotto nuovi occhi è occasione per riaggiustare i danni compiuti dall’uomo in vista di uno spazio per il futuro.